Customer Centricity spiegata in 5 step + lettura consigliata

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GENNAIO, 2018

Growth Hacking

Avrai sicuramente sentito parlare di approccio customer centric o più semplicemente di mettere il cliente al centro. Ecco oggi desidero entrare nel merito di questo argomento, non tanto proponendoti strategie definitive e ultimi ritrovati, quanto riflettendo insieme a te su cosa significa concretamente assumere questo tipo di atteggiamento e se lo stai correttamente mettendo in pratica.

In questo articolo troverai dunque:

  • definizione di customer centric approach
  • Millenials e generazione Z, i clienti di adesso e domani
  • concetto di overdelivery
  • concetto di counter-intuitivity
  • concetto di WHY
  • e una lettura consigliata

CUSTOMER CENTRIC APPROACH, definizione
Partiamo dalle parole di Peter Fader, docente di marketing presso l’Università di Wharton, Philadelphia, che definisce la parola customer centricity così:

CUSTOMER CENTRICITY IS A STRATEGY TO FUNDAMENTALLY ALIGN A COMPANY’S PRODUCTS AND SERVICES WITH THE WANTS AND NEEDS OF ITS MOST VALUABLE CUSTOMERS. THAT STRATEGY HAS A SPECIFIC AIM: MORE PROFITS FOR THE LONG TERM.

Definizione chiara e semplice che però a mio avviso manca di un ingrediente, o meglio non esalta, un aspetto importante: la cultura aziendale. Sono convinto infatti che prima ancora che essere una strategia commerciale, l’approccio cliente-centrico è e deve essere un’attitudine aziendale, un credo condiviso da qualsiasi dipartimento. In caso contrario potrebbe tradursi in un asettico esercizio fine a se stesso che non impatta in modo efficace sul cliente e quindi non genera conseguenze positive per il business.

Ma quindi come si applica un approccio customer-centric? Ovviamente partendo dal cliente! Al netto di tutti i tool, le metodologie, best practice e framework, per lavorare in questo senso ciò che ritengo sia importante afferrare e fare proprio è: 

acquisire un atteggiamento di disponibilità a comprendere frustrazioni, paure, insicurezze, reazione emotive, obiettivi ed esigenze tipiche del nostro potenziale cliente facendovi costante riferimento durante la fase di progettazione e sviluppo di prodotti e servizi.

E’ implicito che questo genere di approccio impone di ascoltare il nostro potenziale cliente, di incontrarlo e comprendere chi è davvero, cosa si aspetta, cosa ha trovato in altri che non l’ha soddisfatto e – ovviamente – cosa invece lo ha piacevolmente sorpreso. Non è più possibile confezionare un prodotto o un servizio e poi trovare a chi venderlo, non c’è più spazio per questo approccio. I nuovi business devono partire dal comprendere cosa manca o cosa può essere sviluppato in maniera nettamente migliore dal punto di vista dell’esperienza utente. E migliorare l’esperienza utente significa partire dall’utente stesso: bisogni e desideri.

Due brevi riferimenti per cogliere meglio lo spunto:

  • Il taxi esiste da sempre, ma Uber “ha ideato una piattaforma che crea un’esperienza senza soluzione di continuità, dalla prenotazione al pagamento”
  • gli hotel esistono da sempre, ma AirBnb “ha offerto ai proprietari di stanze e case sfitte l’opportunità di incrementare le entrate e ai viaggiatori l’opzione di soggiornare in sistemazioni più accoglienti, familiari”

Entrambi hanno quindi lavorato nell’offrire al cliente qualcosa di più, qualcosa di nuovo dove lui e le sue aspettative sono sempre al centro del processo di progettazione. Ma se per anni la storia è andata diversamente, perchè oggi c’è tutta questa esigenza di stravolgere le dinamiche, rifarsi a inglesismi e darsi tanto da fare nell’applicare nuove metodologie? La risposta è semplice ed è contenuta nel prossimo paragrafo..

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GENERAZIONE Z E MILLENIALS, I CLIENTI DI OGGI E DOMANI
Prima spieghiamo brevemente chi sono:

  • I Millenials sono la generazione nata tra il 1982 e la fine del secolo scorso (di cui faccio parte)
  • La Generazione Z va dai nati nel 1998/2000 e il 2010 (la prima generazione totalmente mobile first)

Ora leggiamo qualche dato tratto dal libro “Marketing Thinking” di Alberto Mattiello per capire perchè queste generazione hanno rotto il paradigma tradizionale:

  1. Il 37% dei Millenials asserisce di non avere fiducia nelle grandi aziende. La generazione Z dichiara di dare maggiore valore al prodotto e non al brand.
  2. Più del 50% dei Millenials sostiene di ignorare i banner, il social adv e gli annunci sponsorizzati. Il 69% della Generazione Z è addirittura infastidito dalla pubblicità
  3. Per il 59% dei Millenials, influiscono sulle loro decisioni di acquisto amici e peer, non i professionisti della vendita. La Generazione Z scarta d’emblee gli addetti alla vendita e cerca ciò di cui ha bisogno da sola.

Dovrebbe dunque essere chiaro perchè c’è un urgente bisogno di modificare il proprio approccio, considerare prodotto e marketing insieme e soprattutto progettare tenendo sempre al centro il nostro utente.

E’ in questo solco certamente che si va ad inserire il growth hacking o growth marketing, parlo di un approccio più olistico all’ecosistema del marketing. Josh Elman, growth hakcer che ha lavorato nella fase iniziale di Twitter lo descrive così: “Growth hacking significa focalizzarsi sulla comprensione dell’utente e sul modo in cui scopre e adotta i tuoi prodotti. Così facendo crei caratteristiche che aiutano a conquistare nuovi clienti e a mantenerli, invece di spendere sempicemente soldi in marketing”.

Parliamo di un processo nato nelle e per le startup ma che è al tempo stesso è applicabile a qualsiasi business anche alle grandi corporate consolidate. Ne ho parlato meglio nell’articolo “Growth Hacking Marketing Cos’è e Come Funziona”. Ti consiglio di darci un occhio, ho preparato anche un piccolo bonus.

 

OVERDELIVERY
La definizione è estremamente chiara: offrire più di quanto ci si aspetta creando una customer experience unica e significativa. Questo è l’unico modo per ottenere la fiducia dei consumatori di oggi e domani che, come abbiamo visto poco fa, sono scettici e impermeabile alle tradizionali tecniche di vendita.

Offrire più di quanto ci si aspetti è, almeno sulla carta, un concetto di immediata comprensione; purtroppo però ci troviamo in un era in cui le aspettative crescono ad un ritmo tale che caratteristiche che oggi appaiono “nuove” diventano ben presto “scontate”. In questo senso la competizione cresce giorno dopo giorno, ogni nuovo servizio che prende piede sul mercato diventa presto uno standard a cui i consumatori si abituano e ciò presuppone un continuo miglioramento in ottica di overdelivery. Migliorando o innovando quello che non si deve mai fare è smettere di porre al centro l’utente e fare in modo che la sua esperienza con il nostro brand o prodotto sia sempre al di sopra delle sue aspettative.

Questo fatto è molto importante se riprendiamo alcuni dei concetti espressi in precedenza:

  • i consumatori di oggi respingono le tradizionali tecniche di vendita (pubblicità in ogni sua forma e claim autoreferenziali);
  • hanno una soglia di attenzione molto bassa a causa della miriade di informazioni a cui sono sottoposti;
  • danno valore al servizio, a come li fa sentire, e meno al brand;
  • si confrontano con la cerchia di conoscenza più intima per valutare o segnalare un servizio

Infatti affrontando prodotto, marketing ed esperienza utente con un approccio customer-centric e di overdelivery possiamo guadagnare l’attenzione degli evangelisti: i fan del nostro prodotto / servizio che evangelizzeranno appunto le loro conoscenze in merito alla nostra realtà.

 

COUNTER-INTUITIVITY
Se fornire più di quanto ci si aspetti può essere facilmente visto come uno scopo nobile, efficace e giusto, non è allo stesso modo semplice capire come fare; soprattutto dopo che per anni la direzione per quasi tutti è stata allinearsi ai big di settore, fare di tutto per stare al passo con i trendsetter replicando le loro strategie e azioni.

Per poter applicare il concetto di overdelivery e, in generale, assumere un approccio di tipo cliente-centrico; possiamo ricorrere al principio di counter-intuitivity o, nella nostra lingua, contro intuitività. Vediamo meglio di cosa si tratta.

In buona sostanza si intende “costruire il business su principi di trasparenza e fornire ai clienti una facile via d’uscita piuttosto che spingerli all’acquisto” ottenendo probabilmente l’effetto opposto. Significa quindi scardinare i vecchi dogmi, avere personalità e carisma, quei requisiti che gli “evangelisti” stanno cercando.

Data tutta questa teoria, torniamo un momento con i piedi per terra, nella realtà, considerando la sfera pratica. Condivido con te questa breve ma efficace case riportata nel libro di Mattiello: CitizenM Hotel.

CitizenM è una catena alberghiera con sede ad Amsterdam. Come molte realtà nel settore dell’hospitality, dopo l’avvento di AirBnb, ha dovuto ripensarsi. Per farlo ha adottato un approccio contro intuitivo: “a differenza di molti competitor ha deciso di creare un’esperienza rivolta ad una nicchia precisa di giovani creativi, amanti dei viaggi e attenti ai costi” mettendo l’esperienza davanti a tutto anche la tecnologia. Quindi che cos’ha fatto?

  • ha ridotto all’essenziale le tradizionali caratteristiche degli hotel di lusso quali servizio in camera, suite spaziose, cabine armadio
  • ha introdotto check-in e check-out di 1 minuto
  • ha applicato prezzi trasparenti
  • hall confortevoli
  • ristorante bar 24/7
  • free wifi
  • film on demand gratuiti
  • mood pad per gestire con un unico dispositivo televisione, temperatura e illuminazione.

Ragionando quindi sulle esigenze e le aspettative di un target ben preciso e rigorosamente al centro del processo di progettazione, in meno di 1 anno dall’inaugurazione in Time Square, sono arrivati all 22° posto su 465 alberghi newyorkesi della classifica stilata da TripAdvisor in base ai giudizi degli utenti, magnifico!

 

WHY
Il cerchio d’oro di Simon Sinek è una teoria largamente diffusa e se non hai avuto modo di vedere il suo discorso in cui ne parla al TED Talk, beh puoi subito recuperare cliccando qui

“Ogni persona e ogni impresa del pianeta, sono perfettamente consapevoli di ciò che fanno. Alcuni sanno come lo fanno, secondo quello che può essere chiamato processo esclusivo o unique selling proposition. Ma pochi, veramente pochi, sanno perchè fanno ciò che fanno.”
Simon Sinek

Quando Simon intende “perchè” ovviamente non fa riferimento alla realizzazione di un guadagno che è, sempre, il risultato finale; bensì indica la filosofia, il perchè esiste la tua organizzazione e perchè dovrebbe suscitare l’interesse di qualcuno. Prosegue dicendo che “I leader comunicano dall’interno verso l’esterno, partendo dal perchè raggiungendo direttamente il sistema limbico del cervello, quello deputato ai comportamenti d’acquisto.

E’ chiaro dunque che questa teoria torna e si inserisce nel discorso di contro intuitività e dei valori di trasparenza, di overdelivery e di approccio customer-centric che, come grimaldelli, ci permettono di penetrare le barriere protettive erette dagli evangelisti e permettere un prospero sviluppo del nostro business.

 

LETTURA (CALDAMENTE) CONSIGLIATA
Questo articolo è frutto della mia passione per il mondo del marketing e del design thinking che sto avendo modo di sviluppare grazie a svariate letture, esperienze professionali dirette e studi. In particolare molte nozioni contenute in questo articolo provengono come anticipato da un libro davvero interessante: “Marketing Thinking” di Alberto Mattiello. Un libro che all’apparenza potrebbe sembrare non contenere così tante informazioni preziose, ma che leggendolo si rivela, oltre che estremamente semplice e di piacevole lettura, uno sguardo illuminato e competente sulle dinamiche di cui oggi prodotto e marketing si compongono. Pertanto te lo consiglio!

 

Questo articolo si conclude qui, tra due settimane uscirà il prossimo. Per riceverlo direttamente al tuo indirizzo di posta, iscriviti comodamente alla mia newsletter, così facendo riceverai anche i contenuti della mia rubrica Linkedin “Quei Bravi Consulenti”!

 

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